Il Campo Formazione Tirocinanti, svoltosi nelle giornate tra il 4 ed il 6 aprile 2025 presso la base Scout “La Madonnina” a Solarino (SR), è stato luogo apposito d’incontro per 25 tirocinanti della Zona Aretusea, tutti aventi caratteri e storie
diverse, ma con un aspetto comune: il voler intraprendere a fondo il percorso di educatore per i bambini ed i ragazzi che gli vengono affidati.
La sera del 4 aprile, dopo aver presentato la propria “rosa” come simbolo del proprio cammino e della propria storia (come indicato nella lettera di partecipazione), ciascun tirocinante è stato diviso in pattuglie, in cui si è dato loro il primo compito di descrivere le loro aspettative sul campo. Ascoltato il lavoro delle pattuglie, i capi formatori, dopo aver ascoltato il lavoro delle pattuglie, hanno “sfatato” alcuni miti, illustrando i veri obiettivi del Campo ed introducendo loro, per la prima volta, il Metodo Scout – in particolare, chiarendo loro che la mancanza di anche uno solo degli elementi del Metodo (ossia: relazione coi ragazzi, relazione con gli adulti, vita di gruppo, attività adulta ed obiettivi adulti) non lo avrebbe più reso come tale.
In seguito la cena ed il gioco serale, è avvenuta la cerimonia in cui i tirocinanti hanno consegnato il loro fazzolettone di gruppo ed ottenuto il fazzolettone dei tirocinanti non solo per ufficializzare l’avvio dell’attività, ma anche per entrare in una nuova comunità, nella quale poter apprendere e sentirsi parte.
La mattina del 5 Aprile i capi hanno chiesto di presentare alle pattuglie quale fosse per loro la definizione di intenzionalità educativa e, una volta ascoltato il lavoro delle pattuglie, hanno enunciato che il termine identifica il pensiero e la progettazione intenzionale dell’educatore ponendosi obiettivi concreti e misurabili in conformità ai bisogni dei ragazzi. In aggiunta, hanno ben spiegato loro il significato di protagonismo e di partecipazione del percorso educativo: i capi hanno il compito di rendere i ragazzi protagonisti del loro percorso, ma allo stesso tempo devono anche porre gli input necessari affinché il ragazzo possa trovare la retta via, offrendo a quest’ultimo la scelta di cogliere o meno l’occasione.
Nel corso della tarda mattinata, si è poi focalizzata l’attenzione sul significato di relazione educativa, soprattutto su l’obiettivo della formazione di una coscienza civile e cristiana nei ragazzi, che può esser raggiunto se l’educatore coltiva: l’autenticità, la coerenza nelle sue parole ed azioni, l’empatia, la pazienza, la capacità di stimolare nei ragazzi la riflessione ed il fare squadra.
Dopo un pranzo in cui i capi formatori hanno spiegato le strutture dell’AGESCI a livello locale, regionale e nazionale, questi ultimi hanno poi deciso di fare un approfondimento nel pomeriggio, spiegando meglio le specifiche funzioni degli organi dell’Associazione.
In seguito, si è passato a spiegare meglio cosa fosse il Progetto Educativo per ogni Gruppo, affidando alle pattuglie un’attività, consistente nello stilare il proprio progetto di gruppo davanti ad una “situazione tipo”. In seguito, dopo aver visto le rispettive attività delle pattuglie, si è passati alla definizione del progetto di gruppo ed ai passaggi necessari per la sua redazione – nel dettaglio, i passaggi fondamentali consistono, nell’ordine: analisi del contesto esterno, analisi del contesto interno, verifica delle risorse e dei limiti presenti alla realizzazione del progetto, stesura di obiettivi concreti e misurabili, fissazione delle tempistiche e momenti di verifica. Si è poi ricordato che è fondamentale il comprendere, ai fini del progetto, di comprendere al meglio su quali siano le problematiche di fondo del ragazzo: soffermarsi solo alla superficie ed eseguire una diagnosi sbagliata sulle problematiche rischia infatti di peggiorare la situazione – solo una volta compresi veramente i problemi presenti, si possono tracciare gli obiettivi ed i sottobiettivi.
Nel tardo pomeriggio, si è poi passati ad illustrare il Progetto del Capo, dando ad ogni pattuglia il compito di porre le definizioni su: le finalità del progetto, i contenuti (ossia, cosa dovrebbe contenere un buon progetto del capo), quali sono gli strumenti per costruire e mantenerlo, quali sono invece gli ostacoli per costruire o mantenerlo, e quali sono i frutti del progetto (ossia, seguendo il progetto, cosa e come cambia dalla mia azione educativa).
Dopo la cena, si è passati al momento di deserto: su alcuni estratti del Piccolo Principe ed un testo liturgico (Geremia 1,4-8), i tirocinanti hanno preso il tempo necessario per riflettere su quale fosse la propria chiamata che sentivano nel loro servizio di capo e di come questa responsabilità li stesse cambiando. In seguito, hanno preso una stella, in cui hanno scritto da un lato chi o cosa li avesse portati a questa scelta, dall’altro lato, cosa volevano offrire ai ragazzi nel loro ruolo di capo.
La mattina del 6 aprile, si è poi passati a chiarire meglio la distinzione tra gli Staff ed il Consiglio Capi, illustrando ai tirocinanti come ciascun capo sia responsabile di tutti i ragazzi, di come sia necessario il costante coinvolgimento delle famiglie e dell’interazione tra Staff e Co.Ca., nonché di quali siano le rispettive responsabilità del Consiglio Capi e dello Staff.
In chiusura della mattinata, si è dato luogo ad una verifica dell’evento nella quale, sia con un’inziale attività delle pattuglie sia con un successivo pensiero dei tirocinanti, si è reso complessivamente noto che, dalla confusione iniziale data dalle prime aspettative, si è compreso meglio cosa significasse esser capo e quale fosse l’impatto delle responsabilità derivanti dal ruolo stesso.
Dopo la messa della domenica, i capi formatori hanno indicato come i tirocinanti abbiano fatto propri diversi momenti e siano diventati piena parte di questa comunità, ma che era ora di ritornare ai propri gruppi, per comunicare loro l’esperienza vissuta in questi giorni.
Così, nella cerimonia di consegna del proprio fazzolettone di gruppo, i capi formatori hanno dato ad ogni singolo tirocinante un vasetto con una rosellina nella sabbia, affinché non dimentichino, come il Piccolo Principe, di curare la loro rosa, nonché hanno invitato il tirocinante a prendere una delle stelle e una delle rose portate da un altro tirocinante, al fine di non dimenticare la responsabilità e l’impegno presi durante questo evento.
Eugenia SR 9